La ricerca della perfezione uccide idee e business
“Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.”
(Aristotele)
Se sei un perfezionista e stai per metterti a leggere, evita.
Tra una ventina di righe vorrai essere da un’altra parte.
Perciò lascia perdere, vattene, sparisci finchè sei ancora intero.
La ricerca della perfezione è il peggior crimine che tu possa compiere contro te stesso.
È un’autocondanna inflitta a te stesso nel rincorrere un ideale che non esiste.
Immagino ti sarà capitato di pensare: “lancerò il mio blog, oppure il mio progetto, la mia idea, la mia app, il mio prodotto solo quando sarà perfetto”. Conosco molto bene questo approccio mentale perché anch’io ho dovuto affrontare tendenze perfezionistiche autodistruttive.
Ti do una cattiva notizia, se aspetti il momento perfetto, l’incastro aureo di tutti i tasselli, la conoscenza universale e inappuntabile, le condizioni astrali mirabili per cominciare una qualsiasi attività, ti conviene lasciar perdere tutto, non c’è musica che puoi suonare. “Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio” direbbe il protagonista di un libro che amo.
Diversi studi di psicologia hanno individuato un perfezionismo positivo e uno negativo. Quello negativo tendenzialmente conduce alla procrastinazione e ad un uso poco efficiente del tempo.
Non mi piace stigmatizzare in maniera categorica e liquidare con superficialità aspetti complessi della nostra sfera intima e psicologica.
Sul procrastinare si sono accaniti stuoli di motivational coach ed esperti di crescita personale invitando a “smettere di procrastinare” se si vuole avere successo.
Ma la procrastinazione non è un male assoluto! Dipende dall’uso che se ne fa. L’uso buono io lo chiamo sedimentare. Lasciar sedimentare un progetto o un’idea prima di spedirla fuori spesso è fondamentale. Aiuta a guardarla da un’angolazione diversa, spesso nuova, a cogliere dettagli che erano sfuggiti, a smussare, a limare o a dare un respiro e uno slancio alla creatività. Gli studiosi parlano di procrastinazione strategica ed è una virtù comune ad alcuni dei pensatori più innovativi tra cui Steve Jobs come si racconta in questo post.
Ma come dicevo, il perfezionismo limitante è strettamente connesso in un rapporto di causa-effetto alla procrastinazione cattiva.
Spesso la ricerca della perfezione è soltanto una scusa, un paravento dietro il quale celiamo una serie di paure, prima fra tutte la paura di fallire. Il perfezionista ama pensare che il proprio percorso verso il successo possa essere privo di fallimenti, una linea retta e breve. Non riesce a comprendere la centralità e l’importanza degli insuccessi che non rivestono alcun ruolo nel suo viaggio se non quello di barriere e ostacoli all’avanzamento. È una visione rigida della realtà. Con le sue aspettative di un percorso privo di errori e di intoppi il perfezionista ha una visione irrealistica e irragionevole delle sue prospettive, insegue un ideale totalmente sganciato dalla realtà.
Studi hanno dimostrato che questo tipo di perfezionismo induce alla procrastinazione e alla paralisi. Si tende a rimandare temporaneamente o definitivamente certi impegni o perché risultano troppo gravosi, a causa dei costi elevati in termini di sforzi che il perfezionista si autoimpone, sia perché l’inazione offre una giustificazione per evitare l’insuccesso. Se non provo, non fallisco.
I perfezionisti sono ossessionati dalla meta e incapaci di godersi il viaggio. Questo finisce per svigorire il desiderio e la motivazione necessari per affrontare il duro lavoro e così la tensione nel sostenere uno sforzo per lungo tempo diventa insopportabile e il viaggio infelice. Arriva un momento in cui il perfezionista comincia a desiderare di arrendersi per evitare ulteriore sofferenza.
Inoltre i perfezionisti hanno un approccio manicheo alle cose e alla vita: le cose sono giuste o sbagliate, c’è il meglio e il peggio, il successo e il fallimento. Non esistono sfumature, zone grigie e situazioni complesse, tutto è semplice e lineare. Non ci sono punti intermedi tra due estremi e vivono ogni deviazione dalla linea retta che li collega all’obiettivo finale come un assoluto fallimento.
Sono anche eccessivamente sensibili alle critiche che vivono come un attacco alla loro autostima e diventano ostili se l’immagine che hanno di sé non si allinea a quella che hanno gli altri di loro. Tendono a trovare gli aspetti negativi in tutte le cose e sono molto severi e instransigenti con sé stessi e gli altri. Hanno un approccio molto rigido alla vita.
Conseguenze?
- Il perfezionismo uccide l’autostima. Paradossalmente sono proprio i fallimenti che aumentano la sicurezza in noi stessi, se evitiamo le avversità il messaggio che mandiamo al nostro cervello è che non siamo in grado di gestire le sfide e gli insuccessi. Osare significa perdere l’equilibrio…è vero, ma non osare è peggio, significa rimanere fermi e perdere noi stessi e le opportunità di crescere.
- Il perfezionismo può causare depressione e disturbi ansiosi. Una mentalità rigida è inadeguata alla fluidità dei tempi moderni.
- Il perfezionismo uccide le idee e il business. Giocare per non perdere fa male alla creatività, all’innovazione, alla crescita. Molti leader sono convinti che la strada verso il successo dei modelli che emulano, sia stata priva di insuccessi e così fanno di tutto per evitare e nascondere i propri errori. Smettono di rischiare e si privano della possibilità di migliorarsi. Inoltre la ricerca della perfezione paralizza l’azione. E mentre tu aspetti e rimugini qualcun altro la fuori sta agendo e prendendo il via. Mentre tu perfezioni ritardi il momento in cui ti scontrerai con il mercato e potrai capire come migliorare i tuoi punti di forza.
“C’è differenza fra lottare per il risultato migliore e sfiancarsi per la perfezione. Il primo atteggiamento ha un obiettivo raggiungibile ed è gratificante e salutare; il secondo ha una meta spesso irraggiungibile ed è frustrante e fonte di nevrosi. Per di più comporta un assurdo spreco di tempo.”
(Edwin Bliss)
Dal perfezionismo all’ottimalismo…
Beh ti avevo detto di non metterti a leggere 😉
Ma tranquillo adesso arriva la soluzione ai tuoi problemi. La soluzione si chiama Ottimalisimo (non ottimismo) e mi dispiace per te ma non è una meta…è un viaggio.
Ne parla Tal Ben-Shahar, esperto di psicologia comportamentale, nel suo libro La felicità in tasca. L’arte di vivere bene senza essere perfetti in cui ci esorta a trasformare il nostro esasperato perfezionismo in “ottimalismo”, una sana attitudine a migliorarsi senza rifiutare la realtà e accettando invece gli ostacoli come inevitabili e indispensabili per la crescita.
L’Ottimalista non considera il viaggio come una linea retta e priva di errori ma come una spirale irregolare ricca di deviazioni e vicoli ciechi, ha un pensiero sfumato e flessibile, è aperto alle critiche, tende a vedere i lati positivi e ha una mente adattabile. Nella gestione del tempo combatte la procrastinazione con la legge dell’80/20. Concentra i suoi sforzi nel 20% di quello che ha a disposizione per ottenere l’80% dei risultati.
Ho citato Aristotele all’inizio perché Tal Ben Shahar fa risalire le radici del perfezionismo a Platone che propugna l’esistenza di due mondi, quello perfetto delle forme e quello imperfetto da noi percepito, mentre ritiene Aristotele quasi un padre dell’ottimalismo per aver parlato di un unico mondo, un’unica realtà percepita attraverso i sensi. Alla base di ogni caratteristica del perfezionista c’è spesso un rifiuto della realtà, delle emozioni dolorose, del successo e degli insuccessi.
Nel dipinto La scuola di Atene si coglie la differenza tra la filosofia dei due maestri: Platone indica il cielo e Aristotele la terra.
Key takeaways
1) Per crescere e migliorare abbiamo un disperato bisogno di fallire. Non c’è viaggio che non comporti rischi. Ogni cambiamento ci obbliga a mettere alla prova noi stessi, ciò che sappiamo, ciò di cui siamo certi. E ci costringe ad affrontare ciò che temiamo.
Thomas Edison registrò 1093 brevetti, compresi quelli relativi alla lampadina, al fonografo e al telegrafo. Quando qualcuno gli faceva notare che aveva fallito diecimila volte mentre lavorava alle sue invenzioni rispondeva:” Io non ho fallito, ho semplicemente trovato diecimila soluzioni che non funzionano”.
2) L’approccio migliore, all’esistenza, al business, al lavoro ritengo sia quello tramandao da Sun Tzu, grande stratega militare il cui trattato (L’Arte della guerra) è stato adottato negli ambiti più diversi, dagli strategic manager nelle politiche di gestione di impresa, al marketing ad ogni livello di interazione umana. Sii fluido come l’acqua, accogli il cambiamento, sfrutta tutte le contingenze esterne sia positive che negative e adattati per vincere. Fluidità e flessibilità sono innanzitutto mentali prima che fisiche. Uno dei segreti di una vita armoniosa è l’importanza del cambiamento continuo e l’abbandono della rigidità comportamentale.
L’imperfezione è la chiave. Pensa poco e agisci tanto. Sii fluido e imperfetto come il mondo.
L’unico momento perfetto per cominciare a realizzare i tuoi sogni è questo. Ora. Comincia subito il tuo progetto, la tua attività.
Troverai gli strumenti per migliorare durante il vaggio.
“Il perfezionismo è uno stato mentale pericoloso in un mondo imperfetto.”
(Robert Silliman Hillyer)
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Marianna
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Eh si, tendere all’ottimo, forse è la soluzione. Chi tende al perfetto, alla fine è immobile, perché la perfezione non esiste e quindi, irraggiungibile per definizione. Molti però hanno la pretesa di “essere” perfetti, nella loro presunzione, si cela il male peggiore… e lì i perfezionisti, hanno vita dura, soprattutto se ci devono lavorare assieme… Un post, davvero molto approfondito, con tanta ricerca dietro, complimenti.
Ho imparato molto, grazie davvero
Grazie Silvia, sono felice che ti sia piaciuto! Più che all’ottimo bisogna tendere all’ottimale…fare il meglio ma soprattutto fare, agire, prima di lasciarsi risucchiare nel vortice del “pensiero perfezionista”. L’ho sperimentato di persona 😉 A presto.
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